Qui il vino non è mai solo vino. È memoria. È cura. È identità.
Arrivare all’Azienda Agricola Mazzone, a Ruvo di Puglia, significa ritrovarsi in un paesaggio che non ha bisogno di alzare la voce per farsi ricordare. La luce dell’Alta Murgia è chiara, piena, abbraccia ogni cosa. L’aria profuma di erbe secche, vento e pietra. È una terra che sembra antica, resistente, fatta di silenzi e di gesti tramandati più che insegnati. In questo contesto la famiglia Mazzone ha costruito la propria identità e il proprio modo di fare vino: lento, rispettoso, radicato.
La mia visita è iniziata in un sabato di tarda mattina, quando già erano presenti altri visitatori. L’accoglienza è stata affidata a Luciana, presenza sorridente, preparata, capace di raccontare senza recitare. Ci conduce subito verso i filari che arrivano fin sotto il pergolato, lo stesso luogo in cui, più tardi, avremmo assaggiato i vini. Questa scelta non è casuale: è un invito a capire da dove tutto proviene, a non separare mai il bicchiere dalla terra.
Ci ha accompagnati ai bordi del vigneto, proprio accanto al pergolato dove più tardi ci saremmo seduti per la degustazione. La scelta di iniziare dalla vigna non è casuale: qui il vino viene presentato nel suo luogo d’origine, prima ancora che nel bicchiere. I filari sembrano quasi entrare nello spazio dell’ospitalità, come a ricordare che non esiste separazione tra produzione e condivisione.
Luciana ci racconta delle forme di allevamento tradizionali e della scelta di reimpiantare nuovi vigneti puntando sulla qualità dell’uva, non sulla resa. È un passaggio centrale: ridurre la quantità per lasciare che la pianta esprima meglio il suo legame con la terra. Non una decisione economica, ma culturale. Una visione.
Dalle viti ci spostiamo nella cantina. Si scende di qualche grado, l’aria si fa più fresca. Le cisterne in acciaio scintillano ordinate, poi si passa alle botti di legno dove i vini prendono tempo, respirano, si evolvono. Qui nulla è affrettato. La famiglia produce in agricoltura biologica e utilizza energia da fonti rinnovabili. La sostenibilità non viene raccontata come slogan, ma come scelta quotidiana.
Terminata la visita, torniamo sotto il pergolato. L’atmosfera è rilassata, conviviale. Sul tavolo compaiono piccoli assaggi della tradizione locale: taralli friabili, olive, formaggi e ottimi salumi. La degustazione comincia senza rigide sequenze, ma seguendo un ritmo naturale, come una chiacchierata che prende forma da sola.
Il Lucy è il lato più luminoso e gioioso dell’azienda Mazzone. Un rosato spumante che nasce da Nero di Troia, vinificato con mano delicata per preservarne il frutto e trasformarlo in freschezza. Il colore è un rosa chiaro, brillante, quasi solare. Al naso arrivano note di fragolina di bosco, melograno, petalo di rosa e una lieve sfumatura agrumata che richiama il pompelmo rosa.
In bocca è snello, vivo, pulito, con una bollicina fine che accarezza senza invadere. L’acidità è ben presente, e sostiene il sorso fino a un finale asciutto, salino, che invita subito ad un altro bicchiere. È un vino che sorride: leggero nel passo, ma non banale. Perfetto nelle giornate calde, negli aperitivi condivisi, nelle tavolate dove la spontaneità conta più della forma.
Si passa poi al Terre Bianche, un Bombino Bianco dell’Alta Murgia. Colore chiaro, profumo di fiori bianchi e mandorla fresca. In bocca è semplice, diretto, luminoso. Sa di estati pugliesi, di pietra bianca, di giornate chiare.
Dandy, rosato da Nero di Troia: colore cerasuolo brillante, profumo di ciliegia e melograno, bocca fresca e tesa. Ha eleganza e una piacevole persistenza. È il tipo di rosato che racconta la Puglia senza cadere in eccessi: frutto, luce, misura.
Infine Capocasale è l’espressione più intensa del territorio dell’Alta Murgia. Nasce da 100% Nero di Troia, vitigno simbolo di questa zona, selezionato con cura in vigneti che ricevono solo ciò di cui hanno bisogno per esprimere carattere e finezza.
Il colore è rubino profondo, con riflessi violacei. Al naso si percepiscono ciliegie mature, prugne e una lieve nota speziata di pepe nero e tabacco, che racconta la struttura del territorio. In bocca il sorso è pieno e deciso, con tannini eleganti e ben integrati. Non è un vino aggressivo, ma un rosso che invita a fermare il tempo, a gustarlo lentamente, lasciando emergere ogni sfumatura.
Durante la degustazione, un dettaglio colpisce tutti: le etichette. Illustrate, curate, cariche di simboli legati al lavoro contadino, alle stagioni, alla manualità. Non sono un abbellimento, ma parte del messaggio: raccontano il gesto, la terra, il ciclo della vita.
Si beve, si commenta, si ascolta. Il tempo si dilata. Non c’è fretta.
E mentre il vino scorre, diventa evidente che qui non si è assistito a un “tour”. Si è entrati in relazione: con le persone, con la terra, con un modo di fare che non ha bisogno di essere spettacolare per essere memorabile.
Si lascia l’Azienda Agricola Mazzone con una sensazione precisa, pulita: qui il vino non è mai solo vino. È memoria. È cura. È identità.
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