Vini spumanti e speciali

Sono compresi in questo tipo di vini gli spumanti, i frizzanti, i liquorosi, quelli fortificati, gli aromatizzati e i vini dolci. Si tratta di vini a cui vengono aggiunti, durante la produzione, zuccheri, alcol o botaniche.

 

SPUMANTI

Per la produzione di vini spumanti si seguono principalmente due diverse procedure: il metodo champenoise, in Italia noto anche come metodo classico e il metodo Martinotti o Charmat.

Metodo Champenoise

Il primo prevede la rifermentazione in bottiglia del vino base, nel secondo la rifermentazione avviene in grandi recipienti detti autoclavi dove il vino base è mantenuto in sovrapressione.

Il metodo champenoise fu ottimizzato in Francia nel XVIII secolo nella regione della Champagne ed ebbe un enorme successo commerciale già nei primi decenni della sua messa a punto.

Per produrre gli spumanti con questo metodo è necessario produrre un vino base che inizia con la raccolta dell'uva fatta con un certo anticipo per preservare una maggiore acidità, quindi freschezza nel calice e preservare gli aromi varietali del vitigno.
Nello Champagne, in particolare, verranno utilizzati principalmente Chardonnay, Pinot Nero vinificato in bianco, Pinot Meunier, Pinot Grigio o Pinot Bianco.

Produzione del vino base

Durante la vendemmia è importantissimo trattare le uve raccolte con la massima cura e una volta poste in cassette, non troppo capienti per non aggiungere troppo peso alle uve sottostanti con il rischio di comprometterne l'integrità, si procede con il trasporto in cantina. Dopo la pressatura soffice, il mosto viene travasato in vasche di acciaio inox a bassa temperatura e qui resterà per diverse ore durante le quali decanterà e le particelle solide precipiteranno rendendo il liquido limpido. Si travasa in altri recipienti a temperature controllate per rimanervi fino a primavera dell'anno successivo alla raccolta quando riparte la fermentazione con l'innalzamento delle temperature.

Alcuni vignaioli procedono lasciando il mosto appena pressato nelle stesse vasche.

A questo punto, ottenuto il vino base, lo si può assemblare con vini base di annate precedenti per ottenete una determinata cuvèe, per raggiungere obiettivi gusto-olfattivi determinati dall'enologo e dal proprietario. Se non venissero operati assemblaggi saremmo di fronte ad uno spumante millesimato, cioè costruito con uve della stessa annata.

Presa di spuma

Il base durante la fermentazione alcolica ha raggiunto una certa gradazione, solitamente non alta e i lieviti hanno esaurito tutti gli zuccheri presenti.

In questa fase viene aggiunta una miscela di zuccheri e lieviti, di solito selezionati, al vino per fare ripartire una seconda fermentazione, la cosiddetta fermentazione in bottiglia tipica di questo metodo. La miscela aggiunta è chiamata sciroppo di tiraggio o liqueur de tirage.
Gli zuccheri aggiunti dovrebbero essere di canna, grezzi, mai semolati. Invece dello zucchero si potrebbe aggiungere mosto fiore, il primo liquido della spremitura, ancora ricco di zuccheri naturali dell'acino e lieviti autoctoni.

Questo procedimento è detto presa di spuma in quanto è proprio in questi momenti che si forma la schiuma che vedremo nel nostro calice. Ogni grammo di zucchero dello sciroppo di tiraggio genera una data pressione che corrisponde a circa 2 atmosfere. Solitamente per ottenere i tipici 6 bar lo sciroppo contiene quindi 24 g/lt di zuccheri. Capiamo ora perché le bottiglie di spumante champenoise hanno un vetro assai spesso e anche scuro, in quanto la luce potrebbe comprometterne il contenuto.

Imbottigliamento

Le bottiglie, riempite con il vino addizionato allo sciroppo di tiraggio, verranno tappate con tappi a corona e poste orizzontalmente in appositi contenitori, in ambienti a temperatura costante, con poca luce e minime vibrazioni.

Sotto il tappo a corona troviamo la bidule, una particolare gabbietta che tratterrà poi le fecce.

I lieviti aggiunti dovrebbero avere particolari caratteristiche che li spingono a non attecchire alle pareti per una più facile successiva espulsione una volta esausti.

Parte ora la seconda fermentazione in bottiglia che consente di sviluppare le cosiddette bollicine di anidride carbonica e alcol, i prodotti della disgregazione degli zuccheri da parte dei lieviti. L'anidride carbonica non potendo fuoriuscire dalla bottiglia tappata si scioglie nel vino mentre l'alcol arricchisce quello già presente, si sviluppa così una certa pressione all'interno della bottiglia, solitamente per un metodo classico è di circa 6 bar, il triplo della pressione di un pneumatico di automobile.

Durante i primi 15 giorni circa, nelle bottiglie stese, i lieviti aggiunti metabolizzano tutti gli zuccheri e lentamente entreranno in sofferenza andando ad esaurire ogni scorta possibile degradando ogni sostanza di riserva. Dopo circa 3 mesi si assisterà all'autolisi dei lieviti, cioè alla loro autodigestione per mezzo di alcuni enzimi, in questa fase di dissoluzione cellulare si andranno a disperdere nel vino sostanze che ne aumenteranno complessità gusto-olfattiva. I lieviti esausti e disgregati formeranno copri flocculanti che si depositeranno. Questo processo, per ottenere vini pregiati, dovrà essere lungo e ben seguito dal cantiniere. Solo con pazienza e perseveranza si otterranno bollicine fini e persistenti con finezze sensoriali di alto livello. La durata della permanenza sui lieviti, minimo un anno, di questa fase, determinerà la qualità del vino andando a comporre quel particolare bouquet aromatico tipico di questi prodotti.

In commercio, a prezzi proibitivi, le grandi maison di champagne propongono affinamenti sui lieviti anche di 20 anni.

Per evitare l'attaccarsi dei lieviti morti alle pareti della bottiglia possono essere effettuati anche dei coup de poignée, piccole scosse che lo impediscono.

Messa in punta

Ora avviene la messa in punta, passato il periodo di riposo sui lieviti definito dalla casa produttrice, le bottiglie devono espellere le fecce, i lieviti morti e le sostanze metabolizzate, per fare ciò è necessario porle in appositi cavalletti detti pupitre.

Nei giorni successivi le bottiglie verranno ruotate di un ottavo di giro e inclinate sempre di più per raccogliere tutte le feccie verso il collo della stessa dove la bidule le sta intrappolando. Questo processo viene detto remuage e può durare da uno a due mesi.

Personale specializzato, i remueurs ruotano dalle 15.000 alle 20.000 bottiglie al giorno, ora macchine automatiche, i giropallette messe a punto dei produttori spagnoli di Cava (spumante iberico), ruotano intere gabbie contenenti migliaia di bottiglie. 

Sboccatura

Avviene ora la sboccatura o degorgement cioè l'espulsione delle fecce che può avvenire in due modi: al giaccio, à la glace o al volo, à la volée.

La prima procedura prevede il rapido congelamento del collo della bottiglia, nel quale sono raccolte le fecce, e stappandola vengono espulse insieme alla bidule aiutate dalla pressione interna alla stessa. Questa procedura è ora completamente automatizzata.

Nel secondo procedimento non avviene congelamento del collo e la bottiglia viene stappata manualmente da professionisti molto preparati.

La sboccatura prevede ovviamente una certa perdita di vino che deve essere rabboccato con il liqueur d'expedition o sciroppo di dosaggio.

Questa aggiunta definisce la denominazione dello spumante in base alla ricetta, gelosamente custodita da ogni maison e determinerà il successo o meno del vino.

Il dosaggio è solitamente una miscela di zuccheri non raffinati o acquavite.

In base a questa ricetta aggiunta si avranno spumanti con diversi gradi di dolcezza, il dosaggio zero prevede uno sciroppo di dosaggio composto con lo stesso vino in bottiglia che ricordiamo ha esaurito ogni composto zuccherino.

Avremo quindi:

- Dosaggio zero o pas dosé, quando il residuo zuccherino è nullo.

- Extra Brut, molto secco dove lo zucchero è inferiore a 3 g/lt

- Brut, fino a 12 g/lt

- Extra Dry, da 12 a 17 g/lt

- Dry o Sec, da 17 a 32 g/lt

- Demi Sec, da 32 a 50 g/lt

- Dolce o Doux, oltre 50 g/lt

Tappatura, etichettatura

Ora avviene la definitiva tappatura con il caratterisrico tappo di sughero. Diventerà a fungo grazie all'azione della gabbietta di metallo che premendo sulla capsula, la placca tondeggiante posta sul tappo e assicurata al cercine evita stappature spontanee.

Il collo della bottiglia verrà avvolto da una capsula di materiale temorestringente e contrassegnata, lavata e pronta per l'etichettatura dove andrà indicato l'anno di sboccatura, alcuni indicano persino mese e settimana per offrirci garanzie sulla reale età del vino.

In confezionamento le bottiglie potrebbero subire una rotazione su se stesse per far sì che si amalgami il dosaggio in modo uniforme, fatte riposare e stabilizzare per un periodo sono pronte per il commercio.

Metodo Martinotti-Charmat

Il piemontese Federico Martinotti, negli anni che concludevano il XIX secolo, ideò un sistema per cui la presa di spuma fosse condotta in autoclave, un recipiente con chiusura ermetica. Il francese Eugene Charmat nel 1910 realizzò e mise in pratica le idee di Martinotti.

Oggi la maggior parte dei vini spumanti nel mondo è prodotta con questo metodo, il successo che ebbe e che ancora ha sta nel fatto che i tempi di produzione sono più brevi ed è quindi più indicato per lavorare tutte le uve, in particolare aromatiche e semi-aromatiche come Moscato, Glera o Malvasia.

Confronto il metodo champenoise, la limitata permanenza sui lieviti, permette di ottenere vini più scarichi cromaticamente, meno strutturati quindi che preservino maggiormente le delicate caratteristiche note fruttate, floreali e di freschezza. La prolungata convivenza con i lieviti comprometterebbe questi requisiti e andrebbe a nuocere sulle peculiarità del prodotto finale. Le proprietà aromatiche delle uve sopraelencate verranno quindi salvaguardate e contribuiranno al bouquet finale che apprezzeremo nel calice.

La diffusione di questo sistema è pressoché planetario in quanto vini come i Prosecco, Asti, Lambrusco e Bracchetto sono prodotti con il metodo Martinotti-Charmat.​

Produzione

Una volta assemblati, i vini base fermi vengono filtrati e travasati nelle autoclavi insieme a zuccheri, lieviti e attivatori come sali minerali per la presa di spuma, avviene quindi la rifermentazione.
Qui rimarranno per un periodo di tempo che può essere di 2-3 settimane o, per ottenere un vino qualitativamente migliore, anche alcuni mesi.

Quando la pressione, solitamente raggiunge i valori voluti, si travasa il vino in recipienti a bassa temperatura per una stabilizzazione e un ulteriore filtrazione.  Si può ora, opzionalmente, aggiungere uno sciroppo di dosaggio, sempre in autoclave in ambiente iperbarico e imbottigliare.

In base al residuo zuccherino, i vini avranno la nomenclatura e la classificazione come nel metodo classico:

- Dosaggio zero o pas dosé, quando il residuo zuccherino è nullo.

- Extra Brut, molto secco dove lo zucchero è inferiore a 3 g/lt

- Brut, fino a 12 g/lt

- Extra Dry, da 12 a 17 g/lt

- Dry o Sec, da 17 a 32 g/lt

- Demi Sec, da 32 a 50 g/lt

- Dolce o Doux, oltre 50 g/lt

A prescindere dal grado zuccherino, con il metodo Martinotti-Charmat, se condotto con criterio e preparazione otterremo sempre vini freschi, piacevoli e pronti alla beva, che manterranno le proprietà aromatiche delle uve e dei vini di partenza.

Con questo sistema è consigliato consumare i vini in giovane età senza farli invecchiare inutilmente per non comprometterne le esuberanti caratteristiche.

Il tappo a fungo in sughero può essere, per prodotti meno prestigiosi, essere sostituito anche da quello in plastica.

Etichettata, la bottiglia può essere posta in commercio.

 

VINI FRIZZANTI e METODO ANCESTRALE

Sono vini con schiuma evanescente, freschi, con aromi fruttati e floreali, ideali da essere consumati giovani. Possono essere prodotti in autoclave, come accede spesso oggi e hanno una pressione compresa tra 1 e 2,5 bar.

In alcune zone assistiamo ad un, possiamo dire ritorno, ai vini frizzanti con rifermentazioni in bottiglia con il metodo Ancestrale.

Il Metodo Ancestrale o Tradizionale potrebbe essere inteso come la via che usavano i nostri nonni e bisnonni per produrre vino frizzante. Il vino si presenta torbido in quanto non essendo sboccato, trattiene in bottiglia tutti i lieviti esausti conferendo al liquido, rispetto ad un metodo champenoise o Charmat, un particolare bouquet con più evidenti sentori tipici di crosta di pane, croissant, sensazioni citriche, frutta bianca e glalla, fiori gialli o di campo pur mantenendo le peculiarità del vitigno d'origine. Questi vini "col fondo" o sur lies hanno subito alcuni aggiornamenti sul piano produttivo con un maggiore controllo in cantina e hanno conquistato diverse nicchie di appassionati e wine-lovers raccogliendo svariate menzioni qualitative.

Per realizzare questi vini è necessario operare in vendemmia con assoluta cura per procedere poi in cantina alla pressatura soffice in quanto occorre preservare il più possibile i lieviti autoctoni presenti sulle bucce dell'acino. Una volta travasato lo spremuto in vasche di acciaio si fa partire la fermentazione alcolica, i lieviti inizieranno a consumare gli zuccheri naturali dell'uva producendo alcol e anidride carbonica. Ad un certo punto, deciso dal cantiniere, si ferma quindi la fermentazione raffreddando il mosto i lieviti così si disattiveranno non metabolizzando più nulla. Si procede all'imbottigliamento in ambienti freddi per mantenere i lieviti "in letargo" quindi gli zuccheri rimasti andranno a creare quella scorta utile poi, una volta riattivati i lieviti con l'innalzarsi delle temperature, alla rifermentazione in bottiglia.
Con le moderne tecniche di vinificazione si controlla, oltre che l'abbassamento anche l'aumento delle temperature per consentire una messa in commercio più rapida.

Un tempo questa fase si svolgeva in modo naturale, da novembre fino a marzo-aprile le temperature non consentivano ai lieviti di terminare la fermentazione e questa riprendeva in bottiglia all'innalzamento delle stesse con conseguente scoppio o stappatura spontanea e dispersione del vino.

Alcuni vini sono prodotti con l'aggiunta di CO2 ma in Italia, almeno in campo enologico, non ne è consentito l'utilizzo.

 

VINI LIQUOROSI

Si tratta di vini base a cui viene aggiunta una parte alcolica e possono raggiungere una gradazione compresa tra il 16% e il 22% in volume.

La parte alcolica aggiunta può essere mosto, mistella o acquavite.

La mistella è un preparato he si ottiene mescolando mosto anche non completamente fermentato con acquavite o alcol.

Arricchendo il vino base potremmo parlare di vini come Porto o Marsala, arricchendo il mosto potremmo inoltrarci nei mondi di Madeira o Sherry.

Quando il vino raggiunge gradazioni così alte, i lieviti non sopravvivono interrompendo di fatto ogni fermentazione. 

Il metodo di arricchire i vini con alcol è una storia antica, una storia legata al commercio. Un tempo per proteggere i vini dalla lunghe traversate in mare, i commercianti inglesi dovettero escogitare il sistema di arricchirlo, di fortificarlo.

I vini fortificati o liquorosi hanno una grande struttura e hanno dei sentori tipici e inconfondibili. Sono vini da meditazione, da sorseggiare con se stessi in momenti speciali.

 

VINI AROMATIZZATI

Partendo come al solito da un vino base con una gradazione non superiore ai 10% si aggiunge alcol o acquavite e spezie in determinate dosi ed estranee al vino utili a raggiungere il prodotto desiderato. La gradazione finale deve essere compresa, tra il 16% e il 21% in volume. L'origine di questi vini è assai antica sia i Greci che i Romani utilizzavano aromatizzare i loro vini sia per meglio conservarli, per coprire i frequenti difetti e perché i gusti dell'epoca prevedevano vini dolci e speziati.

Per aromatizzarli venivano utilizzate sia resina vegetale, che acqua marina ma anche spezie e miele.

Tra i vini aromatizzati più famosi ricordiamo il Barolo Chinato, il Vermuth, il greco Retsina aromatizzato con resina, il vino alle mandorle siciliano.