Allegretto del Farneto di Missiroli

Allegretto del Farneto di Missiroli

Dell'Allegretto del Farneto sorprende la consistenza del liquido rosso rubino profondo con sfumature granate

Qui da Giovanna Missiroli, nella sede dell’azienda con cantina annessa, succede qualcosa di magico, di mistico, qualcosa che non accade da altre parti.

Influssi esoterici, sortilegi o sciamanismo di sicuro non c'entrano ma sono le sapienti mani di Valeria che infondono ai suoi vini quell’alone di mistero che fa sussultare il cuore ogni qualvolta che assaggio un suo prodotto. Qui lo si fa in modo semplice, genuino e non sono parole banali e quelle che ho sempre usato per descrivere il lavoro di questa azienda ma pare che la produzione voglia ripercorrere gesti essenziali e sinceri.
Tutto il lavoro nasce in vigna, senza le dovute cure al vigneto, sul campo, non si possono raggiungere buone basi per un corretto lavoro in cantina dove non ci sono solo persone o macchine ma ci sono cuori e memorie, passioni e fatica.

Nel 1985 ci si accorse di aver dimenticato per 8 anni in cantina una botte da 6 quintali colma di Sangiovese che non fu imbottigliato e dopo un confronto, si decise di prenderne in considerazione il contenuto e si stabilì di farlo analizzare.
Il colore del vino, certamente mutato, non suggeriva però brutti presentimenti e le analisi dimostrarono che il liquido dimenticato era conforme.

A differenza di altri grandi vini dimenticati in botte, dei quali conosciamo bene la storia, questo Sangiovese mantenne una certa nota zuccherina, una briosa acidità e un equilibrio inspiegabile. Ma non si poteva definire questo vino come riserva e non era né un passito, né una raccolta tardiva. Fu infine deciso “vino da meditazione”.

Dopo attento studio, si scelse un nome che coniugasse il dio Bacco con la zona di produzione, il Colle del Farneto. Questo vino trasmetteva allora come oggi una ebbrezza dell’anima, una gioia, l’allegria della convivialità. Un inno alla vita.
Nacque così l'Allegretto del FarnetoSangiovese lasciato riposare in pace in una cantina del XVIII secolo al buio e in silenzio. Ora, per produrlo, rimane per 10 anni dentro grandi legni vecchi in rovere di slavonia e poi per un altro periodo che va dai 6 ai 12 mesi in bottiglia, in base alle annate. Questo vino così particolare non lo si produce sempre, ma devono esserci le corrette condizioni, le giuste congiunzioni.
Dell'Allegretto del Farneto sorprende la consistenza del liquido rosso rubino profondo con sfumature granate. 

Il naso è un ampio aroma di marmellata di frutti rossi e mostarde con note di tabacco e cuoio. Il sorso, intenso e lungo, si sofferma su frutti neri maturi, prugna secca, mora, ciliegia stramatura, vaniglia e spezie. Il sorso è molto piacevole e, come già scritto, mantiene una dolcezza non aggressiva e una vivace acidità che si intrecciano in un suadente equilibrio, blandizie per l’anima. Una notevole persistenza accompagna delizie come crostate con marmellate di more e formaggi ben stagionati, biscotteria secca o erborinati anche tendenti al pungente. Mi incuriosirebbe però abbinarlo ad un piatto di cacciagione da pelliccia, come ad esempio uno spezzatino di capriolo cucinato alla valdostana, con bacche di ribes rosso. Un sorso di magia per nasi e palati preparati. Tanta roba!

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