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Le Marche centrali secondo Libenzi

Aggiornamento: 30 nov 2020

Scendo dalle colline e il mare è nero come il cielo. Il sole alle mie spalle illumina alberi e case che diventano brillantissime davanti a quel cielo. Nero.

Non sta arrivando la sera ma un temporale. Di quelli seri e sempre inopportuni.

Ma non mi impressiono perché sono appena uscito da un'azienda produttrice di cose fatte bene e ho l'anima piena, non di vino ma di speranza. Un po' anche di vino dai.

Il preparato e bravo Andrea Refe, cotitolare e conoscitore alla perfezione dell'azienda Laila Libenzi mi accoglie e mi guida tra le cisterne di acciaio della cantina, enormi, e tra tubi e contenitori mi racconta di come sia il loro mondo del vino. Sono appena stato a San Filippo sul Cesano nel comune di Mondavio, Pesaro Urbino. La via Pergolese, dove è sita la cantina, è una delle tante strade che collega il mare all'entroterra, attraversa centri abitati e valli, sale e scende per colline. Con questa luce serale e questo sole radente si esaltano le cupole delle chiese con le torri che spuntano dietro alberi di un verde intenso. E il cielo è nero.

Aristide Libenzi mette a dimora le sue vigne alla fine degli anni sessanta a Corinaldo, Ancona. Siamo a pochi chilometri dal mare, in primissima collina. I terreni, in quella zona, donano prodotti eccellenti. Con il tempo la figlia di Aristide, Laila, subentra e a lei viene trasmessa quella innata passione per il buon lavoro fatto però di sacrifici e fatica. Del resto i lavori facili, non esistono. Laila prosegue con tenacia e la stessa vocazione il lavoro del padre. Inizialmente si riempiono damigiane che si vendono porta a porta nei ristoranti del litorale e di Ancona.

Nel '92 il successo dato da un eccellente prodotto si trasforma in coraggio e si iniziano a fare investimenti in cantina arrivando nel 2000 a rinnovare ed aumentare gli impianti vitati con nuove uve.

Con il tempo, nel 2013, Andrea e Chiara, figli di Laila, entrano in azienda e proseguono il lavoro intrapreso, con lungimiranza, dai nonni. Quando vengono trasmessi di padre in figlio i veri valori del proprio lavoro, viene ricercato il rispetto per il territorio e si tramandano passione e voglia di migliorarsi continuamente, nascono grandi prodotti e si raggiungono importanti risultati.

Il lavoro inizia già con l'attenta e meticolosa cura dei vigneti, seguendo le fasi stagionali, l'attività prosegue poi in cantina con la stessa scrupolosa attenzione e il grande lavoro della famiglia insieme a quello dell'enologo Bellelli portano presto agli attesi risultati.

L'azienda si pone come primo obiettivo quello di produrre vini che siano soprattutto espressione del territorio, chi conosce alla perfezione il proprio lavoro riesce ad estrarre il meglio dal carattere della propria terra.

Nei 30 ettari di Corinaldo troviamo i prodotti tipici del territorio Verdicchio e Montepulciano da protagonisti e Sangiovese, Sauvignon e Merlot non come comparse ma come comprimari. Altri 3 ettari sono ad Ancona dove si trova esclusivamente Montepulciano per il Rosso Conero.

“A proposito... queste terre sono cosparse letteralmente di borghi e castelli. Benché le Marche siano state sotto il dominio papale per diversi secoli, in passato hanno vissuto momenti di grande tensione tra dinastie e signori locali che si facevano guerre e muovevano alleanze. Qui hanno combattuto i Malatesta poi gli Sforza poi i Dalla Rovere e i papi. Terre ricche di storia, tradizioni antiche e... buona cucina. Oltre al litorale e un bel mare, una visita verso l'interno merita un po' del vostro tempo.
Corinaldo

Ma Andrea tra dare disposizioni al personale e rispondere a clienti al telefono mi stappa un Baccaloro, Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC, colore giallo con bei riflessi verdi, un naso fine, floreale e delicato non intenso ma giustamente persistente con ricordi, neanche troppo lontani, di frutta esotica. Il sorso è piacevole e fresco, l'intensità si sente come la persistenza, la sapidità e la freschezza si mescolano con i sentori fruttati che il naso anticipava. Finiamo con il percepire una piacevole nota amara. Nel complesso, armonico ma inclinato leggermente sull'acidità. Del resto a neanche 20 chilometro dal mare se non sentiamo il sale che ha pervaso la pianta per tanti mesi e la sapidità data dai terreni che Verdicchio sarebbe? Questi sentori delicati si accompagnano bene alla cucina di mare marchigiana fatta anch'essa di sapori decisi ma delicati. Lo accosterei volentieri a tagliolini alla pescatora. Bianchi per l'amor di Dio!


Il Baccaloro oltre a me, lo apprezzano in Olanda, Irlanda, Stati Uniti, Australia e Belgio.

Andrea, senza esitar, un altro Verdicchio m'apre, Poggio Casalta si chiama e 6 mesi a riposar in acciaio sta. Probabilmente una reale espressione di Verdicchio, più tradizionale, con più personalità. Da vigne del 1967, la vendemmia si sposta più avanti e si cerca di estrarre dal frutto tutto il possibile per poter ottenere il massimo. Il colore diventa più importante, nel calice si muove come una diva sulla passerella. In questa versione più "matura" l'intensità non si nasconde e la persistenza è piuttosto rilevante, il naso fruttato diviene a polpa gialla e spuntano un geranio e spezie. Al palato mantiene la sua freschezza e sapidità ma il corpo può farsi serenamente strada, intenso e persistente. Una piacevolissima bevuta di un buon equilibrio. Ho assaggiato un 2016 ma tra un paio d'anni sarei curioso di riassaggiare questa annata. E qui i piatti di pesce diventano più importanti e possiamo affiancargli anche una tagliatella al tartufo, un risotto asparagi e gamberi, un'orata al cartoccio o un petto di pollo alla griglia con i funghi.

Il Primo Latere 2018 è un Sauvignon marchigiano che non si da troppe arie, soprattutto esotiche, rimane ben saldo al territorio e non cerca favori nelle narici di mezzo mondo. Filosofia francese per un prodotto eccellente, fresco, giustamente acido e sapido, i sentori di peperone verde, foglia di pomodoro e pompelmo sono presenti ma ben diluiti tra le parti dure. Lo abbinerei a un branzino al forno al timo e cedro o un coniglio in fricò.

Siamo passati ad un rosso, il Torrile 2014. Un Montepulciano in purezza che sviluppa un bel 14° di alcol. 15 giorni di permanenza sulle bucce e il 30% finisce in barriques di rovere francese per 12 mesi, si assembla col restante 70% che intanto ha fatto acciaio e lo si fa riposare ancora un po' in bottiglia. Il colore rosso rubino scuro, quasi impenetrabile ci fa già capire che questo Marche Rosso ha una discreta personalità. Il profumo è di frutti rossi maturi, non marmellatosi, ciliegia prima di tutto, lampone e mirtillo. Un'intensità e una persistenza piuttosto importanti. Il sorso è gradevole e una certa acidità non cancella sentori di tostato e vaniglia, sempre intenso, come al naso, ma lungo. Di buon corpo ed equlibrato. Cosa ne dite di un piatto di vincisgrassi? Un agnello in umido invece? Beh io qualche decina di arrosticini di pecora li metterei sulla griglia anche adesso!

Acquisto qualche bottiglia da assaggiare in seguito e saluto Andrea, guida perfetta.

Ho visto la passione per il proprio lavoro in ogni frase e in ogni sguardo, la voglia di fare un prodotto eccellente quasi perfetto in ogni mossa e passo.

Lascio quindi San Filippo sul Cesano, scendo verso il mare, verso quel cielo nero con lampi che lo aprono per un decimo di secondo. A destra, su Senigallia, il cielo è terrificante e la pioggia inizia a bagnarmi il parabrezza. Ma ho il morale altissimo, ho assaggiato vini ottimi e conosciuto l'ancor più ottimo vignaiolo che prosegue il lavoro di tre generazioni.

Ho portato con me anche il Verdicchio più strutturato che mi ha aperto Andrea.

Non arriverà a domani.



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