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L'Alto Adige di Nals Margreid

Aggiornamento: 26 nov 2020

Poi la pianura lascia il posto alle colline che di lì a pochissimo diventano montagne, quando arrivi a Verona il passo tra piatto uniforme, mai sinonimo di banale, e monti è brevissimo.

Non molto dopo passi Rovereto e Trento, l'Adige ti attraversa la strada di continuo, si lascia la Vallagarina e si amplia lo spazio, nella Piana Rotaliana. Il contorno è fatto di orizzonti corti e frastagliati, villaggi bianchi su pendii rocciosi e boschi che si fondono con le lingue di pianura che costeggiano il fiume, filari di viti e meli si susseguono creando belle geometrie in perfettissimo equilibrio con il resto del paesaggio.

Mi è capitato di percorrere questa strada di notte e le luci delle case arroccate sembrano stelle in un cielo nero, le file di lampioni di strade lontane mi ricordano costellazioni e mi rapiscono. Questi posti mi hanno sempre incuriosito molto, mi regalano un senso di intimità, lo stringersi in casa con un camino acceso mentre fuori, magari, nebbia e neve coprono ogni cosa. Queste montagne ti fanno sentire poi piuttosto piccolo, quasi fragile e, perché no, parte di un mondo con il quale coesistere, relazionarsi alla pari, in punta di piedi. Perché qui la natura e l'ambiente sono maestosi, immensi, regali. Ci vuole tanto rispetto. Queste valli, mi regalano sensazioni più profonde, un ridimensionamento dell'anima, uno scavare dentro ad essa per trovare l'essenziale, la più intima parte del tuo intimo. Si svelano le cose, mi appaiono più nitide

Intanto si raggiunge Salorno, il Trentino è appena alle spalle e l'Alto Adige ti dice willkommen. Proprio quel fiume che ti accompagna da un po' di tempo volge a occidente di Bolzano e noi lo seguiamo, in direzione Merano.

Sto per raggiungere il Burgraviato, un comprensorio di cui fanno parte ben 26 comuni di cui è capoluogo Merano, continuiamo a costeggiare l'Adige fino a Nalles, il comune più a sud di questo comprensorio e tra i più piccoli della Provincia Autonoma di Bolzano. Percorro un po' di strada tra le caratteristiche abitazioni. Scendo dall'auto e respiro la pace tra le case, il silenzio e un'aria diversa, fresca, profumata. Mi fermo.

Il ritmo cardiaco rallenta, il respiro si fa meno affannoso, la vista si ristora.

Cime innevate, verdi prati, tetti appuntiti di campanili, torri di antiche fortezze, se guardo bene anche tanti balconi con gerani multicolore a cascata e la luce, quella luce che qui ha un altro valore, un altro peso. Qui il sole non scalda ma illumina.

Percorro a piedi un po' di strada, dopo tanta auto qualche passo aiuta la mia schiena.

Riluttante, ma devo, risalgo in auto e mi dirigo verso la cantina Nals Margreid appena sopra il caseggiato di Nalles.

Mi preparo psicologicamente e mentalmente ad entrare in una cantina sociale alto atesina. Si perché in Alto Adige una cantina sociale è un'eccellenza, un esempio da seguire.

Oggi la tendenza è in netto miglioramento ma io provengo da una terra in cui il vino era solo quantità, poca qualità. La cantina sociale per anni è stata purtroppo sinonimo di vini di scarso pregio, dove ogni socio raccoglieva e scaricava quintali di uva per essere trasformata in vino, con un frutto di dubbia qualità. L'uva era matura? Ancora non del tutto o stramatura? Cura del vigneto a discrezione del proprietario, senza enologo comune che indicava i momenti e i modi ma soprattutto mancava la mentalità, dettata dai tempi, in cui più uva il socio raccoglieva e più ci guadagnava. Vi sembra una politica volta a produrre vini di qualità? Ma probabilmente qualche decennio fa, qui dove vivo, era una normalità.

Facciamo un breve salto nel 1874, quando il ministro dell'agricoltura austriaco fonda il l'Istituto Agrario Sperimentale di San Michele all'Adige. Allora, fino al 1918, l'Alto Adige era territorio austriaco, era Tirolo. A dirigere l'istituto fu chiamato Edmund Mach, brillante chimico, agronomo ed enologo imperiale austriaco. Con sconfinata avvedutezza mise in atto tutte le conoscenze scientifiche e tecniche dell'epoca operando scelte che si rivelarono fondamentali per lo sviluppo dell'enologia moderna del Tirolo. Fece studi per capire quali vitigni autoctoni e internazionali potessero avere migliori risultati su determinati tipi di suolo, le corrette combinazioni tra posizione, clima e varietà.

Mach fu estremamente lungimirante anche nel capire ed aiutare le piccole e piccolissime aziende agricole nel fronteggiare la crisi economica di fine '800 creando cooperative vinicole. Le prime nacquero ad Andriano, Terlano ed Egna, furono da subito un esempio per tutte le altre che sorsero subito dopo, del resto Mach credeva, e il tempo gli ha dato ragione, che il raggrupparsi, aiutandosi e fronteggiando insieme il mercato potesse dare discreti risultati. Se poi ci mettiamo anche, enologi che seguono passo passo il produttore, un'accurata selezione delle uve, miglioramento delle tecniche in cantina e politiche economiche comuni, otterremo prodotti volti alla qualità. E i produttori si sentiranno protetti, valorizzati raccogliendo consenso e soddisfazione.

Lo sviluppo della viticoltura alto atesina fu da subito sorprendente ma arrivarono purtroppo le devastazioni della Prima e della Seconda guerra mondiale, bisogna attendere gli anni del dopoguerra per vedere il meraviglioso posizionamento sul mercato dei vini prodotti tra queste montagne, dai viticoltori, attraverso le cantine sociali.

Capite quindi cosa possa significare essere in questo posto, all'ingresso di una cantina sociale dell'Alto Adige, dal 1932 Kellerei Nals Margreid porta avanti questa esperienza ormai divenuta una stupenda realtà. Oggi i viticoltori associati sono quasi 140 e lavorano 160 ettari che vanno da Nalles fino a Magrè, più a sud, nella Bassa Atesina. Questa varietà di terreni, di posizioni geografiche con altezze ed esposizioni differenti può regalarci vini dall'espressione tipica, inconfondibile.

La struttura della della kellerei, azienda vinicola, letteralmente tradotto dal tedesco, è moderna, linee precise e ordinate, si aprono le porte e mi ritrovo all'interno di uno spazio ampio ed elegante, dove travi in legno e bellissimi profili in ciottolato, che risalgono alla struttura originale del 1764, scaldano l'ambiente.

Sono solo, solo io e il bravo responsabile commerciale che mi serve i vini raccontandomi ogni cosa. Ripetiamo insieme la storia dei vini in Alto Adige e l'importanza delle escursioni termiche tra notte e giorno che regalano spiccate note profumate a questi vini del Nord, i suoli variegati e le altezze che con le esposizioni al sole possono fare una notevole differenza.

Vado a menzionarne solo 2 ma durante la degustazione, durata quasi 3 ore, ne ho assaggiati diversi.

Il primo è il 95 punti di James Suckling, Sirmian, un Pinot Bianco 2019 in purezza che dopo la fermentazione fa un affinamento in botte per 8 mesi. Il colore, bellissimo, è un giallo paglierino chiaro con riflessi verdi. Si scorgono subito aromi tipici di mela, pera e agrumi gialli, note erbacee esaltano il piccolo fiore bianco. Al palato è degna di nota la freschezza e una accentuata mineralità, ottima la persistenza. Penso che un salmerino poco affumicato o gnocchi di patate con pesce di lago, un Trentingrana poco stagionato o un caldo piatto di Knödel rendano giustizia a questo meraviglioso Pinot Bianco, uno dei prìncipi bianchi dell'Alto Adige.

Passo ai rossi e attendo con impazienza il Sand 2019, Lagrein al 100%. Da questo vitigno, quasi estinto e ripreso negli anni '70 del '900, si ottengono qui in alto Adige vere eccellenze. Rosso rubino con riflessi violacei, al naso tra i frutti rossi di bosco spicca la mora rossa e il lampone, arriva poi una ciliegia croccante e una viola neanche troppo accennata. Il sorso è meravigliosamente vellutato, morbido, i tannini quasi piatti ed eleganti regalano eccellenti sensazioni, l'acidità, morbida anche quella ci regala una leggera e piacevole persistenza, invoglia al prossimo sorso.

Gli abbinamenti possono essere molteplici, viste le sue caratteristiche, quasi un tutto pasto ma lo affiancherei a dei primi piatti anche sostenuti, carni elaborate e saporite e formaggi a media stagionatura. Lo proverei con una Wienerschnitzel, quasi una cotoletta alla milanese per intenderci, con confettura di mirtilli oppure, perché no, con il tipico goulash accompagnato da canederli con carne affumicata.

Devo uscire dalla keller e fare una piccola pausa riflessiva in auto prima di riprendere la strada per il sud, per Mezzocorona. Mi annoto gli ultimi appunti di tecniche in cantina e sensazioni provate e vissute.

La Kellerei Nals Margreid mi ha dato la bellissima opportunità di conoscere queste eccezionali realtà, esempio di comunità, organizzazione e precisione, retaggio di un passato non molto lontano ma gettando solide fondamenta, oramai di annata, per ispirare il futuro anche magari di altre realtà italiane.

Arrivederci, auf wiedersehen Nalles, Alto Adige e cime bianche, a presto. Molto presto.


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