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Tizzano. La storia respirata

Aggiornamento: 13 giu 2022

In questo divagar su pe' li colli, tra un calanco e un faggeto, tra una curva a destra e una sinistra mi sposto verso un'azienda che ha un po' di storia da raccontare.

Ribadisco e ricordo che questo mio discutere di vini e di appassionati viticoltori non è una classifica, una gara e tantomeno una lotteria.

Qui scrivo con una mia personalissima cronologia degli eventi senza riconoscere premi e rilasciare diplomi. Ci terrei solo a dare una voce in più ai Colli Bolognesi e ai loro bravi produttori. E andiamo...

La nobile ed antica famiglia dei Marescalchi lega le sue vicende alla città di Bologna da tempo immemore. Le prime notizie della famiglia risalgono addirittura al 1279.

Nel 1350 fa la sua apparizione Matteo di Morando Marescalchi e pare sia il capostipite dell'aristocratica casata.

Negli anni, nei secoli, diversi elementi di questa famiglia ricoprirono ruoli di prim'ordine nella vita pubblica bolognese, e non solo, imparentata con quasi tutta la nobiltà cittadina conta tra le sua fila ambasciatori, militari di alto rango, senatori.

Il 24 febbraio del 1530 lo stemma della famiglia potè fregiarsi dell'aquila imperiale concessa da Carlo V durante i festeggiamenti per l'incoronazione a Imperatore del Sacro Romano Impero avvenuta in San Petronio a Bologna.

Angela Marescalchi diede alla luce Ugo che divenne Papa, nel 1572, col nome di Gregorio XIII, uno dei più importanti papi dell'era moderna e al quale dobbiamo il riconoscimento di avere riformato il calendario in uso attuale che prende il suo nome.

Ricoprirono cariche istituzionali anche presso altri stati italiani ed entrarono nell'entourage della diplomazia francese.

Ferdinando Marescalchi accolse a Bologna per ben 2 volte Napoleone Bonaparte.

Stendhal ne scrisse: "In casa del Signor Marescalchi c’è una stanza degna di invidia. E’ piena di sceltissimi quadri di Guido Reni, del Guercino, dei Carracci. Non è la roba solita. Si valutano a 500.000 franchi"

Tra le vicissitudini di questa famiglia vi fu l'interesse per l'acquisto di una tenuta sui colli bolognesi, appartenente a Monaci Benedettini, da parte del Conte Vincenzo avvenuta nella seconda metà del '700. Qui sorgeva l'Eremo di Tizzano alla Bolsenda. Ideale esposizione a sud e dolci pendenze per proseguire la coltivazione della vite già presente e magari migliorarne la produzione. I Marescalchi sommarono questa tenuta ai loro possedimenti cittadini. A Tizzano fu ristrutturata una villa preesistente con lussureggiante parco, colonnato e giochi d'acqua. Il vasto verde circostante ne fece una residenza estiva gradevole e rinfrescante. Le vicende della famiglia si legarono alla Francia per diverso tempo e ne seguirono le sorti, proprio in quel momento storico, tra '700 e '800, di importanti cambiamenti. Caduto il secondo impero francese, il figlio del conte Ferdinando, Antonio, torno a Tizzano, vendette le residenze bolognesi e di dedicò alla tenuta in collina ristrutturandola, aggiungendo un portico alla bolognese, costruendo una bella cantina sotterranea per le botti atte all'invecchiamento dei vini e sviluppò l'attività agricola trasformandola, per i tempi, in una moderna azienda.

Antonio diede alla luce una unica figlia che andò in sposa al Conte Guido Carlo Visconti di Modrone. Tra le due guerre la villa ospito illustri personaggi. Fu occupata dai nazisti e distrutta in un bombardamento alleato anche se già libera dal comando germanico.

La Tizzano odierna nasce sulle rovine di quella splendida villa signorile appartenuta ad una nobile famiglia bolognese, oggi proprietà dei Visconti di Modrone. Oggi Tizzano si propone come azienda ben organizzata e strutturata, all'avanguardia e ricca di storia, per scriverne ancora e proseguire il suo cammino. E i suoi vini sono l'espressione del suo territorio e anche di tutto ciò che rappresentano.

Preso appuntamento, come al solito, qualche decina di minuti prima, mi dirigo verso i primi colli bolognesi, non molto distante da Casalecchio di Reno.

Cura diligente e precisa ad iniziare dal vigneto, sulla terra stessa, fino alla cantina dove vengono riprese tecniche tradizionali affiancate a moderne tecnologia producono vini di prestigio e assoluta qualità. Ai tradizionali vitigni presenti da secoli nella tenuta, da qualche decennio è stato affiancato il Pignoletto che sui Colli Bolognesi non può mancare! Tra le uve presenti più antiche troviamo un'internazionale come il Cabernet Sauvignon che ha trovato qui una sua dimora da moltissimi decenni.

Proprio di questo grande vino, che ha fatto le fortune dei grandi bordolesi, vorrei discuterne un po'. A brevissimi passi, anzi balzi diciamo subito con il dire che il Cabernet Sauvignon è un uva duttilissima che troviamo in quasi tutti gli areali vitivinicoli. Le sue caratteristiche nel dare al vino qualità e longevità ne fanno un uva presente in tantissimi uvaggi e non nasconde le sue doti vinificato in purezza. Si adatta a diversi climi esprimendo sempre le sue peculiarità portando con se anche la firma del terrori che lo ospita. Come lo conosciamo noi è originario della Gironda, nel Mèdoc, zona a sud Bordeaux per intenderci. Nato da un incrocio spontaneo tra Cabernet Franc e Sauvignon Blanc ci dona i caratteri dei due vitigni genitori. In Italia il Cabernet Sauvignon ha trovato diverse zone nelle quali si è adattato stupendamente.

Situata nella Colli Bolognesi DOC, microzona Colline Marconiane, l'azienda Tizzano produce un Cabernet Sauvignon invecchiato in botte ben fatto, le dolci colline di Casalecchio di Reno gli offrono probabilmente una casa ideale, nella quale esprimersi senza timori e imbarazzi.

Vendemmia rigorosamente manuale con cernita dei grappoli migliori, diraspati e pigiati sofficemente riposano, per modo di dire, in acciaio per 15-20 giorni con frequenti rimontaggi per poter trasferire il più possibile il sontuoso patrimonio di precursori aromatici e di struttura di queste, diciamolo, nobili uve. Completano la costruzione del Cab di Tizzano due anni di riposo, vero, in legno di rovere francese dove la buona gestione di tutto il percorso, dal vigneto alla cantina, trova il giusto compimento. Non ancora affinato del tutto, il vino resta in bottiglia altri 6 mesi prima che lo si possa assaggiare.

Siamo in cantina quando il bravo cantiniere Agron Komini mi versa in un calice un 2016 e mi racconta di questa splendida annata che ha dato vini eccellenti qui come in tutto lo Stivale.

Sì perché non è semplice fare un buon Cabernet Sauvignon, il succo di frutta sfacciatamente grondante potrebbe manifestarsi, celando, le complesse eleganti e fini pieghe di quella trama aromatica che nessuno vorrebbe perdersi. Può essere un grande vino ma non è scontato che diventi tale.

Il colore rosso rubino intenso mi anticipa alcuni tratti che ritroverò al naso, le rotazioni nel calice non lasciano dubbi, la consistenza è notevole. Mettendo il naso nel vetro si svelano tutte le particolarità esuberanti del Cab, piccoli frutti rossi e neri in piena maturazione, in confettura, sotto spirito. si nota una lieve nota erbacea, eredità del Sauvignon Blanc poi tabacco e grafite. Non nasconde una punta balsamica. Al palato è importante, una delicata acidità viene smorzata dal calore, piuttosto morbido, vellutato, appare un tannino ben lavorato che lo affina nascondendo il muscolo innato, le note di liquirizia e cioccolato si svelano senza timidezze. Discreta intensità e una persistenza da annotarsi ne fanno un vino elegante, fine e gradevolmente armonico. Equilibrato. Credo che questo vino possa esprimersi ancora meglio se lo lasciamo in cantina per qualche altro anno, svelerà senza dubbio note terziarie interessanti e l'eleganza si accosterà ad una splendida signorilità.

Naturalmente rifletto sugli abbinamenti e non posso non pensare a carni rosse in arrosti o brasati, a cacciagione da pelo e anche da penna, a formaggi ben stagionati. Perché non lo proviamo con un sugo di cinghiale dove tra gli aromi, mettiamoci il ginepro, ne esalterà l'aroma regalandoci momenti, davanti al piatto, indimenticabili.

Sorseggiatelo da solo, in un bel calice ampio, davanti ad un camino acceso o un tiepido tramonto primaverile, la compagnia sceglietela voi. Io un'idea l'avrei.




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